Quando arrivò nella finestra estiva della scorsa stagione, parte della tifoseria non lo accolse calorosamente. Una riserva, pensavano, e in aggiunta una riserva bollita che non può dare più nulla. E invece in poco tempo si è caricato la difesa sulle spalle e ha portato equilibrio e attenzione. Non sono le 12 sconfitte dello scorso campionato a dover pesare sul suo rendimento né i gol subiti. Francesco Acerbi a 35 anni ha insegnato al mondo intero come marcare Haaland e, senza troppe lusinghe, ha dimostrato di essere fra i più forti centrali in circolazione.
Duttile e umile le sue qualità più evidenti. Capace di giocare anche come braccetto, di penetrare il pressing avversario con delle infilate degne di Lucio o sovrapporsi sulla fascia per crossare e, perché no, inserirsi in area e salire come “torre” centrale, come mastio, nei calci piazzati. Anche ieri sera Acerbi è stato e ha fatto tutto questo. Talmente abituati a questo rendimento che a volte passa in sordina il lavoro costante per rimanere al top e lavorare come Inzaghi richiede.
Anche ieri, dunque, come in altre partite, si è sentita la mancanza dell’attaccante, del brivido del gol dell’attaccante avversario, di una protesta fuori posto o di un’entrata in ritardo. Acerbi non è mai in ritardo: arriva precisamente quando intende farlo e, a dirla tutta, è quasi sempre puntuale. Una roccia difensiva che l’Inter si coccola grazie al suo patronus Marotta, capace di far coesistere il difensore italiano con De Vrij, non di certo il primo scappato di casa.
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