Il presidente di Lega Serie A Lorenzo Casini, presente alla presentazione dell’Album Panini 2023-24, ha parlato ai giornalisti delle polemiche sugli episodi Var e dell’abolizione del Decreto Crescita.
(In fondo il video delle sue dichiarazioni)
La quiete prima della tempesta?
“No. Le assemblee sono sempre occasioni di dialogo. Non abbiamo tempi particolarmente divisivi. Siamo tranquilli”.
Si all’Assemblea si parlerà ovviamente del discorso Var.
“Al momento non è previsto. Ricordo che già l’anno scorso era già stata stabilita una periodica revisione del protocollo Var, proprio per cercare, in collaborazione con l’AIA, di ridurre i margini di errore, che purtroppo possono restare. Gli arbitri italiani restano un’eccellenza in ambito internazionale. Purtroppo gli errori fanno parte dell’uomo, lo ha ricordato anche il designatore Rocchi. Si lavorerà sempre più insieme per ridurre questo margine d’errore”.
Però cosa le rispondono i vertici AIA?
“L’arbitro è un mestiere difficile, si lavora su frazioni di secondo. Comunque ci viene assicurata continuità nelle azioni. Lo strumento può essere migliorato. Come? Per esempio l’audio openvar aiuta il tifoso a comprendere le scelte. Magari può essere trasmesso in diretta e la proposta è già stata fatta. In più abbiamo discusso della possibilità del challenge, che non risolve tutto ma può portare miglioramenti”.
Malagò ha detto che l’abolizione del Decreto Crescita è stato un errore. È d’accordo?
“Il presidente Malagò ha ragione. Già lo scorso anno ci sono state modifiche importanti come la soglia d’età, una soglia di stipendio. Nel mercato estivo queste modifiche hanno funzionato ed aiutato le società ad essere competitive sul mercato. Abolirlo così all’improvviso, senza nemmeno una moratoria, è chiaro che nell’immediato porterà un esborso maggiore da parte delle squadre e quindi meno risorse distribuite su altri settori, compreso paradossalmente quello giovanile. Aggiungo che in realtà non è sparito il beneficio degli impatriati. Adesso sarà generalizzato con un tetto a 600 mila euro. Il rischio è che molti giocatori dall’esterno continueranno ad avere il decreto crescita, quando con regole modificate non ce l’avevano più”.
Campionato quindi meno competitivo?
“Il timore c’è. La scusa è che i club così mettono in circolazione più soldi, come se stampassero moneta. Ma i soldi non crescono mica sugli alberi”.
Cosa può chiedere la Serie A al Governo a livello economico-fiscale?
“La Serie A ha indicato da tempo una serie di misure che possano aiutare il calcio italiano professionistico. Tutto ciò che aiuta il calcio maggiore, migliora a cascata tutto il movimento del calcio e l’intero sport italiano. Parliamo di circa il 60% del carico fiscale prodotto dalla Serie A, che poi è il parametro per i contributi a tutto il mondo dello sport. Non parliamo di soldi o spese. Parliamo di stadi. Abbiamo chiesto un intervento di sblocco, di accelerazione sugli impianti sportivi e in particolare gli stadi di calcio. Il Decreto Dignità ha provocato perdite per circa un centinaio di milioni di euro. Il calcio non riceve praticamente nulla dal Governo, cosa che in altri stati come la Francia invece avviene. Bisognerebbe valutare questo tipi di risorse”.
Soluzioni tecniche?
“Potrebbero esserci. Ma la Serie A non è qui a chiedere aiuti. Riguardo agli stadi ad esempio, nel Regno Unito gran parte del rinnovamento è dovuto grazie a un grande finanziamento proveniente dai giochi e dalle lotterie. L’Italia lo ha fatto in passato, come la giocata aggiuntiva al Lotto per i beni culturali. Noi abbiamo giochi fondati sul calcio, possibile non ci sia una redistribuzione?”