Inter e Juventus (derby d’Italia in programma domenica sera) si somigliano molto. Non si direbbe, ma a pensarla così è il quotidiano La Repubblica, che scrive:
“Inter e Juventus sono due belle squadre, nel senso che quello che si vede in campo somiglia ai meccanismi della vita in comune: c’è armonia, c’è complicità, c’è il piacere di stare assieme. Sarà una banalità, ma unità e compattezza sono alla base del rendimento, a Torino come a Milano.
Nell’Inter sono ora Çalhanoglu e Thuram a portare un clima da gita scolastica fra balletti, prese in giro e quel “fratm” che usano per chiamarsi l’un l’altro. Una goliardia che si trasforma in difesa dei compagni, quando serve: è stato Çalha a esprimere solidarietà ad Arnautovic criticato da molti tifosi. Inzaghi, che sulla coesione del gruppo ha scritto la tesi a Coverciano, apprezza. Com’è felice che molti abbiano figli cui badare: il turco, Lautaro, Bastoni, Acerbi, Barella. Meno rischi di dover accogliere qualcuno di ritorno da serate impegnative. Inzaghi ha imparato da Mancini, suo tecnico alla Lazio, come alternare bastone e carota. All’Inter il primo non gli serve molto e la seconda la somministra in vari modi: giorni liberi quando si può — ne ha dati due, ieri e oggi, nella settimana della gara scudetto — rotazioni ragionate per non escludere nessuno, buone parole in conferenza per chi non trova spazio, come Klaassen, e la collaborazione coi senatori per accogliere i nuovi. Vedi il ruolo di Mkhitaryan — Michele, per i compagni — tutor di Buchanan, vuoi per l’inglese, vuoi per l’autorevolezza. Inzaghi è contento se in ritiro i giocatori si divertono. Il ping pong e il biliardo alla Pinetina non ci sono più: si gioca alla Play, qualcuno a carte. Nuovissimo è il pullman-bis, miniatura di quello della squadra. Lo ha voluto Marotta di modo che anche lo staff viaggi su un mezzo nerazzurro. Il concetto è chiaro: l’Inter siamo tutti.
A Torino sono state le vicissitudini della stagione passata a cementare il gruppo. Together, insieme, è divenuto il motto del club, che da un anno i giocatori rappresentano plasticamente con l’huddle, abbracciandosi in cerchio prima dell’inizio ad ascoltare l’ultima parola motivazionale del capitano. Danilo, che legge di psicologia, è il leader riconosciuto, ma di Alex Sandro, compagno già al Santos e al Porto, è un fratello: i due sono uno il padrino del figlio dell’altro. Lo spogliatoio della Juve è un sistema di gruppi che però non si escludono l’un l’altro. Rabiot è una specie di zio per i francofoni e ha introdotto Weah, Iling-Jr (che è inglese ma bilingue) e Nonge, mentre McKennie ha fatto da tutor a Yildiz grazie alla comune padronanza del tedesco. McKennie è il giullare del gruppo, con la sua allegria scanzonata, i suoi gusti alimentari discutibili (il suo piatto preferito è la pasta pomodoro, pesto e pollo) e la passione per rap e trap coltivata assieme a Kean (e a Leao, con cui i due fanno spesso gruppo nei giorni liberi). Gli intellettuali sono Nicolussi Caviglia e Cambiaso, anche se poi si sfondano di Play con Miretti (Cambiaso è il più rosicone). Il vecchio saggio è Szczesny, che però usa il registro dell’umorismo: le sue battute sono fulminanti. Il polacco suona il piano come anche Perin, il più ricercato nell’abbigliamento assieme a Locatelli. È un gruppo giovane e scanzonato che ha rappresentato una novità, e una sfida, per Allegri, abituato a gestire gente stracarica di esperienza e personalità che non aveva bisogno di un tutore, mentre adesso gli è richiesto un impegno diverso: adesso gli tocca fare il burbero o l’amorevole. Essere riuscito a toccare le corde di tutti è finora la parte meglio riuscita del suo nuovo lavoro”.
(FONTE: LA REPUBBLICA)
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