Intervistato al Magazine della Uefa Champions League, Lautaro Martinez ha parlato della sua crescita esponenziale in Europa e in Argentina.
I tatuaggi
“I miei tatuaggi parlano di me, della mia famiglia, della mia religione o di una frase che mi caratterizza. Ho fatto il primo a 15 anni, mia madre non voleva. Diceva che ero troppo giovane. Ho iniziato con il nome di suo padre, mio nonno (Nestor), che quando morì fu un periodo difficile per me. Siamo una famiglia che ha iniziato davvero con poco. Non ci sono dubbi che quei momenti difficili mi abbiamo fatto crescere molto in fretta”.
La strada del calcio
“Crescendo ho capito che dovevo seguire il mio percorso, che era il calcio. L’ho sognato. In famiglia si è sempre respirato sport”.
Il soprannome Toro
“Quando sono arrivato nel Racing, i compagni mi hanno soprannominato Toro perché ero sempre arrabbiato e davo tutto nei duelli. Il mio soprannome arriva da lì”.
“Quello che non mi uccide mi fortifica”
“Questa frase parla di quello che ho affrontato quando ero piccolo, ma anche di qualche altro momento successivo. E’ una frase nella quale io mi identifico. E’ importante, la porto sempre con me”.
Il cammino in Champions
“E’ ovvio che ogni trofeo è un obiettivo per un club come l’Inter. Far parte di un gruppo di fratelli e amici che vanno nella stessa direzione, sia che uno giochi o che non giochi, è importante. Così le cose diventano molto più semplici”.
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