Nel suo editoriale per Gazzetta dello Sport Marco Bucciantini esalta Marcus Thuram. L’attaccante francese si è fin da subito incastrato nei meccanismi dell’Inter, sia nel gioco che nello spogliatoio, risultando in un certo modo decisivo nel cammino della squadra verso la seconda stella.
“Thuram si è messo a disposizione in modo pieno: dell’allenatore (insieme agli altri, sublimando l’idea di gioco) e dei tifosi, assicurando loro il coraggio, l’applicazione e ricevendo di conseguenza affetto (anche se poi servono le giocate per stringere questi patti mai detti, e il gol nel derby, quel destro a girare fortissimo sotto l’incrocio alla sinistra di Maignan è sicuramente stato importante in questa storia). Serve sempre il cuore e serve sempre un gol, anche ai campioni: servì anche a Samuel Eto’o, un giocatore al quale viene naturale accostare l’idolo di oggi proprio se cerchiamo quel senso, se abbiamo capito quel senso, qual finire sottopelle a una squadra, a uno stadio”.
“Premettiamo una verità – precisa poi Bucciantini -: l’altro, il camerunese, fu fuoriclasse. E lo fu in tempi in cui la Serie A era bazzicata dai Palloni d’oro, alla fine del decennio che portò tre Champions – e nell’ultima, appunto, c’era anche lui, che fece l’esterno, lasciando il centro dell’attacco a Milito, e il riposo in campo a Sneijder, facendo girare così tanto quelle gambe, senza risparmiarle per i numeri da diventare un termine di paragone: quando qualche calciatore “fuoriesce” per abnegazione dalla parte, facendola più grossa, più commovente, più umile, ecco, “ricorda Eto’o”.