Javier Zanetti, ha rilasciato un’intervista a Radio Serie A nella trasmissione “Storie di Serie A” condotta da Alessandro Alciato. Il vice presidente nonché indimenticabile capitano dell’Inter ha parlato dello Scudetto della seconda stella recentemente conquistato e del futuro.
Che posto occupa Piazza Duomo gremita di domenica scorsa nella tua storia in nerazzurro?
“Occupa sicuramente un momento importante, emotivo. Quando ho visto tutta quella gente che stavano aspettando i campioni d’Italia, sentire i cori, l’entusiasmo del popolo è stato qualcosa di incredibile, perché ho visto famiglie, bambini, tanta emozione per la vittoria di questo campionato che vuol dire seconda stella, scrivere quindi una delle pagine più importanti della storia del club. Questi ragazzio hanno fatto qualcosa di straordinario. Il momento in cui mi sono affacciato dal terrazzo per salutare i nostri tifosi ho provato brividi di emozione e sentimento che provo nei loro confronti. Io e l’Inter siamo una cosa sola”.
Personalmente cos’è stato questo scudetto?
“Uno scudetto voluto. Dal primo giorno di allenamento eravamo tutti concentrati su questo obiettivo. Sapevamo di avere una squadra forte, ma doveva dimostrarlo sul campo e così è stato. Abbiamo domitato, affrontando avversari difficili e dimostrando sempre un grande gioco. L’Inter ha fatto partite incredibili divertendo i tifosi e questo ti rende orgoglioso di farne parte”.
Siete partiti con l’obiettivo scudetto ma non vi siete mai dichiarati ufficialmente…
“Noi non ci siamo mai nascosti su questo. Abbiam sempre detto internamente, ma anche esternamente, che volevamo essere competitivi. Si può vincere o perdere, ma volevamo essere competitivi cercando di realizzare ciò che poi abbiamo fatto”.
Questo scudetto è paragonabile con quelli del passato?
“Sono paragonabili, ma sono momenti diversi, squadre diverse, altri giocatori, però rimangono sempre i valori del nostro club, e questo gruppo per come è stato costruito, con grandissimi ragazzi soprattutto fuori dal campo. Veramente un gruppo coeso anche nei momenti di difficoltà e che ha dimostrato grande personalità”.
La seconda stella è stata un’ossessione in qualche momento?
“Ossessione mai, perché non fa parte dei nostri valori. E’ stato un sogno che domenica dopo domenica diventava realtà, soprattutto per come vedevamo giocare la squadra e per la cultura del lavoro che c’era durante la settimana”.
C’è un momento esatto in cui la seconda stella è diventata realtà?
“Di sicuro il mese di gennaio è stato importante, con tante partite importanti ravvicinate. Quel filotto di vittorie ci ha permesso di allungare, pur trovando difficoltà ma con una squadra mentalmente molto forte. Sapevamo che quel mese lì era determinante e lo abbiamo affrontato nella maniera migliore”.
Cosa ha rappresentato lo scudetto nel derby?
“Una cosa storica. Poche volte ti capita questa possibilità e l’abbiamo colta. Sapevamo che sarebbe stata una partita complicata, perchè volevamo evitare quello che è successo dopo. Però fa parte del calcio, i ragazzi sono statistraordinari. Gli ultimi minuti di sofferenza fanno parte del nostro dna. Quando è arrivato il triplice fischio sinceramente non abbiamo più capito niente”.
Possiamo dire che l’Inter quest’anno è stata meno “pazza” del solito?
“Sì, perché è stata una squadra continua, che ha dimostrato grandissima personalità e padronanza, una delle chiavi per vincere questo campionato”.
Qual era la squadra che vi faceva più paura?
“Pensavamo che il Napoli che è sempre una squadra di valore. Sapevamo che anche Milan e Juve volevamo lottare per lo stesso obiettivo. Allo stesso tempo però noi pensavamo che se facevamo il nostro, per gli altri diventava difficile. Così è stato, con la consapevolezza di essere forti, poche parole e tanti fatti”.
Ti ha sopreso più il campionato vostro o quello delle avversarie?
“Vedendo allenarsi questi ragazzi si capiva la forza del gruppo e questo è stato merito di Simone Inzaghi e del suo staff”.
C’è mai stato un patto scudetto?
“Non c’era bisogno, perché tutte le componenti erano dietro lo stesso obiettivo”.
In cosa è stato speciale Simone Inzaghi in questi anni?
“Sicuramente nel rimanere calmo nei momenti difficoltà, credere nel suo lavoro al di là del risultato. Nei momenti di difficoltà era molto criticato dall’esterno, ma anche lì si è dimostrata la forza della società che ha continuato a supportare l’allenatore e a credere in lui. Noi vedevamo che la squadra non meritava di perdere tante partite, era solo questione di tempo e la finale di Champions ha contribuito a credere sempre in Simone. Il tempo ci ha dato ragione. Ogni vittoria nasce dai momenti di difficoltà, quando perdi campionati, finali. Da quei momenti si costruisce una mentalità forte, una resilienza che poi ti permette di capire in dove migliorare”.
Dagli uffici della vostra sede come avete vissuto i momento di difficoltà con Inzaghi?
“Da parte nosta c’era la preoccupazione per i risultati che non arrivavano. Dall’altra parte però la prestazione c’era. Siamo stati sempre vicini al nostro allenatore e gli abbiamo chiesto come potevamo contribuire per uscire da quella situazione”.
Ci racconti l’interismo di Inzaghi?
“Lui è entrato subito in empatia con i tifosi. La sua tranqullità e umiltà la trasmette anche ai tifosi. Poi ci sono sempre alcuni tifosi che criticano per una sostituzione, per un risultato, però lui si è innamorato subito della famiglia Inter. Ad Appiano vedi sempre felici lui ed il suo staff e questo vuol dire tanto”.
Possiamo iniziare a paragonare Inzaghi al Mourinho interista?
“Sono persone diverse. Inzaghi è più calmo, Mou ha più personalità. Sono due grandi condottieri che ti portano alla vittoria, ma in modo diverso. Sappiamo cosa ha fatto Mou per noi e crediamo che anche Inzaghi ci porterà a tanti successi. Come ha detto Beppe Marotta, non siamo neanche a metà del ciclo”.
Per quanti anni lo vedi ancora allenatore dell’Inter?
“Mi auguro per tanti. Noi ci troviamo bene a vicenda. Sappiamo come la pensiamo. Vedenre questi risultati e questo spirito di squadra ti dà tanta tranquillità. Guardando al futuro piace vedere una squadra così”.
Mi scegli un giocatore di questo scudetto?
“Ce ne sono tanti. Però la faccia di Lautaro ti dimostra quanta voglia c’era di arrivare a questo momento”.
La sorpresa più positiva?
“Thuram, che si è adattato così velocemente, è stata una sorpresa in positivo. Ha subito trovato sintonia con Lauti e ha fatto sentire la sua personalità. Per uno straniero arrivare nel calcio italiano non è mai semplice. Lui lo ha fatto fin dall’inizio ed è stato sempre felice. Poi c’è Pavard, che ha più esperienza. I nuovi acquisti hanno dato qualcosa in più, come Sommer, Frattesi”.
A proposito di Frattesi, la partita col Verona?
“E’ stata una partita soffertissima fino alla fine. Frattesi nell’ultimo minuto ci ha dato la vittoria. Vedere San Siro esplodere, con la faccia di Frattesi infuocata. Lì ci siamo detti che l’obiettivo era molto vicino. Sono stati acquisti che sapevamo cosa potevano dare in campo, ma hanno dato molto anche fuori dal campo. Frattesi ad esempio è stato determinante nei momenti di difficoltà. Si sentiva parte importante e avere giocatori così è fondamentale”.
La rapida sintonia tra Thuram e Lautaro?
“Ci ha sorpreso tutti, perché è nata fin da subito. Credo che, avendo caratteristiche diverse, si son trovati subito, anche fuori dal campo. In campo poi le cose riescono se c’è l’amicizia”.
Lo scetticismo dall’esterno su Sommer a inizio stagione?
“Dispiace che sia stato valutato così in quel momento. Vero, era andato via Onana che aveva fatto molto bene, ma era arrivato un portiere sicuro, molto serio e professionale. Ci fa piacere avere giocatori così in rosa. A volte dall’esterno si fanno dei giudizi senza enrare nel profondo e conoscere le persone. In realtà Sommer è stato un acquisto fondamentale”.
Altro arrivo importante è stato quello di Gianluca Spinelli, preparatore dei portieri…
“Vero. Gianluca è grande tifoso interista. Ha grande sentimento per l’Inter. Voleva l’opportunità di lavorare con noi e ha fatto un grandissimo lavoro”.
Su Calhanoglu?
“Grandissimo. Grandissima personalità, un trascinatore, uno di quelli che meritava di vincere il campionato in questa maniera”.
Mkhitaryan?
“Il cervello della squadra. Giocatore pensante, sempre nel posto giusto, non bisogna spiegargli niente, sa già tutto. Sempre generoso con i compagni”.
Barella?
“Nicolò ha fatto un campionato straordinario. Da leader, trascinatore, sia in fase difensiva che offensiva, sempre al servizio dei compagni. Fondamentale”.
Dimarco?
“Il sogno da bambino, possiamo definirlo così. Fede è cresciuto con noi, è andato via ed è tornato uomo. Si è visto il suo interismo dentro, quanto ci teneva a vincere con questa maglia e lo ha fatto da protagonista”.
Quanta differenza ha fatto l’interismo in questo campionato?
“Tantissimo, perché si è creata una cosa unica tra società, tifosi e giocatori. E’ la chiave per vincere qualcosa di importante. Si percepiva questo”.
Sei riuscito a perdonare Lukaku?
“Non so se la parola giusta sia perdono. Ci siamo rimasti male, soprattutto per la tempistica, perché lui non è stato chiaro dall’inizio. Fosse stato chiaro noi facevamo un altra strategia. E’ andata così e a Romelu auguriamo una grande carriera”.
Dzeko avrebbe meritato di festeggiare questo scudetto?
“Sì. Edin con noi ha sempre dimostrato sempre affetto nei confronti dell’Inter e gli piaceva stare con noi. Oggi sarebbe stato uno dei più felici per questa vittoria”.
Qual è la cosa migliore che avete fatto voi come dirigenza?
“Credo che i principali protagonisti siano stati il mister, lo staff e i giocatori. Noi da fuori abbiamo costruito una squadra. Ognuno con le sue competenze si metteva a disposizione, soltanto così possiamo arrivare a grandi traguardi. Importante che i giocatori vedano la nostra presenza, a prescindere dai momenti”.
La cosa che è riuscita meglio a te?
“Sono felice per vedere finire questo lavoro con questa seconda stella, far parte di questo gruppo anche da fuori, essere sempre presente, mi fa un grandissimo piacere. Poter anche contribuire con la mia esperienza, con il mio interismo. Tutti i ragazzi sanno che io ci sono sempre e ne sono orgoglioso”.
Come avete gestito la situazione di Zhang bloccato in Cina?
“Con grande chiarezza, sapendo quello che dobbiamo fare con una strategia ben precisa e cercando di mettere a disposizione del mister giocatori funzionali al suo progetto”.
E’ stato difficile lavorare in questa situazione particolare?
“Difficile sì, però credo anche piacevole perché metti alla prova le tue capacità. E’ stata una grande sfida”.
Vi è mancato il presidente fisicamente?
“Solo fisicamente, perché siamo sempre in contatto e lui era strafelice per lo scudetto. E’ dispiaciuto di non poter essere a Milano”.
Cosa pensi della Marotta League?
“Fa ridere, soprattuto quando vedi una squadra che ha dominato il campionato dall’inizio alla fine. C’è poco da dire”.
Quanto può durare questo ciclo e come si mantiene?
“I passi da fare sono rimanere competitivi in tutte le manifestazioni. Bisogna mantenere la cultura del lavoro e la concentrazione, cogliere opportunità su giocatori funzionali alla squadra. Gli obiettivi anche il prossimo anno saranno sempre di difendere la seconda stella e magari andare più avanti in Champions. Ci sarà anche il Mondiale per Club, importantissimo. Ci saranno tante partite e ci serivrà una rosa più ampia”.
Nei momenti di vittorie come questa, pensi alla tua famiglia, al tuo passato?
“Sempre. In momenti come questi ricordo sempre me stesso da piccolino nei quartieri. Oggi ho 50 anni e il boato della folla mi fa emozionare come quando giocavo. Questo te lo regala il tifoso interista. Poterlo vivere con la mia famiglia è stato un momento molto emozionante”.
Ci racconti il momento in cui da ragazzo avevi iniziato a fare il muratore?
“Avevo smesso a giocare a calcio, perché avevo ricevuto da giovanissimo la mia prima grande delusione. Fui scartato dall’Indipendiente, la squadra che tifavo in Argentina, un momento di grande tristezza. Lì non ho potuto neanche a pensare di cercare un’altra squadra perché il calciomercato stava finendo e decisi di andare a lavorare con mio padre, mio grande referente. Proprio lui mi disse di riprovarci e da lì è nato tutto. Sono andato a fare un provino in un’altra squadra e la mia carriera è partita. La mente torna sempre lì. Sono stati dei momenti chiave della mia vita che mi hanno messo alla prova”.
Cosa hai imparato da muratore?
“Vedere i sacrifici di mio padre. Ai miei figli e ai giovani dico sempre che senza sacrificio non si ottiene nulla. In tanti pensano che è tutto dovuto, vogliono tutto subito, invece la vita è al contrario. Sono cresciuto con la cultura del sacrificio”.
Serve raccontare certe esperienze ai calciatori?
“Serve, soprattutto con i più giovani, per far capire che uno le cose per averle se le deve guadagnare. Ai miei figli dico quanto sia importante lo studio e spero che ognuno possa realizzarei propri sogni. Il dialogo è sempre fondamentale”.
La strategia di mercato sarà la stessa?
“L’intenzione è che la squadra rimanga tale, che non vada via nessuno. In tutti questi ragazzi vediamo la voglia di continuare. Vuol dire che si è creato qualcosa di importante, che c’è una base molto forte. Si chi potrebbe arrivare, se si presentano delle opportunità di giocatori funzionali lo faremo ben volentieri. Sempre stando dentro i nostri parametri”.
Ti faccio un nome: Zirkzee
“Stiamo parlando di un grandissimo campione. Giovane, talentuoso, intelligente, molto forte. Sta facendo benissimo al Bologna. Un giocatore così servirebbe a qualsiasi squadra che punta a traguardi importanti. Vediamo se si presenta questa opportunità, se si presenta un pensierino ce lo possiamo fare”.
Zirkzee-Lautaro-Thuram non malissimo…
“Parliamo di tre grandi attaccanti, giovani, forti che ti danno una certa tranquillità”.
Lautaro e Barella rinnoveranno al 100 percento?
“Sicuro. Da parte nostra e loro c’è la predisposizione a continuare insieme”.
Quando l’Inter potrà dire di essere favorita per la Champions?
“La Champions è una competizione difficilissima, fatta di dettagli. Bisogna avere sempre un grande rispetto degli avversari. Di sicuro possiamo dire che ce la giochiamo. Vista la finale persa con il Manchester City o l’eliminazione contro l’Atletico Madrid, tutto per una questione di dettagli e potevamo andare avanti. Noi ci sentiamo competitivi e punteremo ad arrivare in alto anche nella prossima stagione”.
Fa ancora male l’eliminazione contro l’Atletico?
“Più che far male, dispiace nella maniera in cui è arrivata. Prima di arrivare ai rigori, abbiamo avuto tantissime occasioni per fare quel gol che avrebbe concesso il passaggio del turno. Quel gol non è arrivato, ci sta, anche perché di fronte avevamo una squadra esperta. Bisogna insistere e continuare, perché con questo gruppo non devi avere paura di nessuno”.
Dove rientra il Mondiale per Club nei vostri obiettivi?
“Rientra in maniera importante, perchè è una competizione prestigiosa con squadre molto forti. Il fatto di partecipare ci rende orgogliosi e vogliamo essere protagonisti. Sarebbe bello arrivare alle fasi finali”.
Come te la immagini quell’estate lì?
“Impegnativa, intensa. Però il fatto di essere protagonista ti rende sempre contento”.
Tu hai realizzato tanti sogni. Qual è il prossimo?
“Il prossimo è continuare con queste vittorie dell’Inter e magari fare un pensierino alla Champions. Alzare la Champions da vice presidente, dopo averla alzata da capitano, non sarebbe male”.
Bisogna però costruire un’altra Piazza Duomo per contenere i tifosi…
“Non posso immaginare cosa potrebbe succedere, perché i nostri tifosi sono fantastici”.
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