Benjamin Pavard ha rilasciato una lunga intervista a Franco Vanni per il quotidiano La Repubblica. Il difensore francese, oltre alle sue origini ha parlato ovviamente anche della sua positiva prima stagione con la maglia dell’Inter. «All’Inter tutti insieme siamo un bel gruppo. Una festa come quella nerazzurra? L’ho vista a Stoccarda, per la promozione in Bundesliga. Uno spettacolo. Al Bayern Monaco si festeggia meno. Poi c’è il Mondiale con la Francia, che è stato incredibile. Ma il pullman a Parigi viaggiava più spedito, non ci abbiamo messo otto ore come a Milano. Se ho sentito Giroud, Hernandez e Maignan? Prima della partita col Milan li avevo stuzzicati, dicendo loro che saremmo diventati campioni proprio contro di loro. Siamo amici, ma il derby è il derby e non si fanno sconti. In campo con Theo ci siamo affrontati, scontrati, anche spinti. Il tackle su Leao? Preferisco fare una bella scivolata che un gol. Per un difensore, un tackle può valere quanto una rete. E quello era il caso».
«Ho deciso di lasciare il Bayern Monaco perché avevo vinto tutto. A 27 anni era arrivato il momento di cambiare. Cercavo una nuova avventura, dopo sette stagioni in Germania. Volevo conoscere l’Italia e vivere la passione della Serie A. Poi c’è la tattica. A Monaco giocavo terzino, qui sono centrale, il ruolo che preferisco».
«Dove mi piacerebbe segnare il primo gol in nerazzurro? Nel derby, ovviamente. Ma sarebbe bello anche contro la Juve. Com’è nato il soprannome Benji l’interista? In aereo, venendo a Milano, chiacchierando con un amico. Avevo forzato per lasciare Monaco. Volevo solo l’Inter, che mi seguivada tempo. Mi sentivo già interista».
«Lautaro? Una super persona, un vero leader e un grandissimo giocatore. Spero rimanga con noi a lungo».
Inzaghi? Ci lascia molta libertà ed è bellissimo. Avevo già giocato in difese a tre, ma si trattava soprattutto di coprire. Qui è un continuo dai e vai. Possiamo salire, creare spazio, dialogare con il regista. Il suo segreto? L’attenzione ai dettagli. Non sottovaluta niente. E la sua mentalità è condivisa da tutti alla Pinetina. Per questo stiamo così bene insieme. Tiene tantissimo a ogni particolare. Lo si capisce da come si agita in panchina. All’inizio lo guardavo con stupore, non avevo mai visto niente del genere. Poi ho capito. Anche dopo la vittoria dello scudetto, ci ha detto che è importante vincere le gare che restano».
«Dove può arrivare l’Inter? Non ci poniamo limiti. Dobbiamo restare campioni d’Italia, pur sapendo che è molto difficile ripetersi. In Italia negli ultimi anni il vincitore del campionato è cambiato spesso. Ma siamo sulla buona strada. E abbiamo tifosi fantastici, a San Siro e in trasferta».