Javier Zanetti, leggenda dell’Inter e attuale vicepresidente nerazzurro, è stato ospite al BSMT di Gianluca Gazzoli dove ha raccontato un retroscena riguardante il passato. Di seguito le dichiarazioni:
“Ho avuto offerte importanti di club europei, ho sempre messo sulla bilancia tutto, anche il lato economico, ma soprattutto ho valutato come stavo bene ecco, nel posto in cui ero. Al Real Madrid sono stato molto vicino. Quando mi fecero la proposta era però un momento difficile per l’Inter e io volevo lasciare un segno all’Inter. Non potevo andarmene in quel momento di difficoltà. Sono cambiate le dinamiche oggi, è anche giusto sia così, cambiano i tempi, c’è più informazione, più consapevolezza, sono seguiti diversamente oggi i ragazzi. I valori devono restare sempre però, è la base. Studio io ancora adesso, mi confronto coi dirigenti e dico sempre che uno può avere più o meno competenze, ma la differenza la fanno i valori umani”.
Zanetti e l’Inter
“Siamo arrivati io e Rambert, potevano giocare tre stranieri in quel momento: l’Inter aveva preso Ince, Roberto Carlos e Rambert. Io ero il quarto. Ero uno sconosciuto, Rambert era capocannoniere. Mi ricordo la presentazione in estate alla terrazza Martini, io arrivo con le mie scarpe. Sono passato in mezzo ai giornalisti e nessuno mi conosceva. Quando arrivai in Italia ho trovato il mio posto nel mondo, mi sono innamorato e ho completato il mio percorso di crescita nel calcio e nella vita. E ho fatto tutta la mia carriera nell’Inter”.
Zanetti e Massimo Moratti (con la foto che lo tiene sotto l’ombrello)
“Per me è come un padre. Gentile Zhang quando lo ha invitato. Quando ho rivisto quella foto mi è venuto in mente quando ci vedeva a venire e giocavo anche io. È stato un momento emozionante anche per lui, perché è tornato a casa sua e anche vedere questo presidente che rende felice anche lui. Grandissimo rispetto tra Moratti e Zhang. Moratti ha detto che è sempre stata la sua grande passione”.
Zanetti e Lautaro
“Quando abbiamo preso Lautaro, lui era al 90% dell’Atletico, io conoscevo uno dei procuratori. Io parlo con Ausilio e lui mi dice peccato, perché erano molto avanti. Poi mi chiama questo amico dopo due settimane e mi chiede di parlare con noi. In due notti abbiamo chiuso per Lautaro, mancava l’accordo col Racing. Io avevo un grande rapporto perché c’era Milito, gli ho detto che sarebbe arrivato Ausilio per chiudere e loro lo aspettavano. Ausilio in Argentina chiude, con Lautaro avevamo chiuso, lui aveva 20 anni e pensavamo al futuro dunque, in 3 o 4 anni, non nell’immediato. Devi avere una visione al percorso a 360° e ricordo una sua partita in cui fece tripletta e lui a 20 anni dopo disse di essere contento dei 3 gol, ma non della prestazione, perché per lui non aveva giocato bene. Vedevamo questo Lautaro di ora, che cresce di anno in anno. È un punto fermo e siamo felicissimi. C’era questa empatia, rispetto, la voglia anche da parte sua. È un ragazzo umile, ascolta, si vuole migliorare e i risultati arrivano poi. Lautaro è il nostro capitano, un punto fermo, ha senso di appartenenza e siamo felicissimi. Oggi diventa molto più complicato, le nuove generazioni vogliono tutto subito, invece ci vuole un percorso”.
Zanetti e i derby
“Derby e Juve, le più sentite per una questione di storia dei tre club. Giocare quel tipo di partite creava qualcosa di speciale. Ho sempre avuto grandissimo rispetto ad affrontare Paolo Maldini. Al di là della rivalità, era una cosa bella perché affronti un grandissimo campione dentro e fuori dal campo. Anche adesso che ci troviamo ci abbracciamo, c’è grande rispetto anche con Del Piero, Totti, Buffon. C’è anche questo nel calcio. In campo ognuno difende la propria maglia, fuori c’è il rispetto che viene prima di tutto”.
Zanetti e Mourinho
“Siamo gli unici italiani ad aver fatto il Triplete. Ricordo a Madrid, quel momento era il coronamento di un sogno per tutti noi e per Mourinho, un’annata indimenticabile per tutti. Ho avuto e ho ancora un grandissimo rapporto con Mou, da calciatore e anche adesso quando ci troviamo. Era riuscito a creare una famiglia, oltre ad avere grandi campioni, era una squadra con grandi personalità dove tutti volevano fare quella cosa per l’Inter, in quel momento. Quella Champions è stata complicata per noi, a Kiev nel girone perdevamo 1-0, eravamo fuori dalla Champions. Lì tu senti che quella squadra ha qualcosa in più, Mourinho ha tolto due difensori all’intervallo e ha messo due punte. Vinciamo 2-1 e lì è stato il primo segnale che si poteva fare qualcosa di importante“.
Lascia un commento