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EDITORIALE – Inter, nel profondo della sconfitta: vecchi e nuovi problemi

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Il giorno dopo un derby è sempre doloroso per chi ha perso. Soprattutto se a perdere è stata la favorita della sfida (non bisogna negarlo), nonché detentrice dello scudetto e vittoriosa per 6 derby di fila contro i rossoneri. Le basi per fare bene c’erano tutte, dall’orgoglio della seconda stella sul petto, sbandierata ovunque in questi giorni a suon di “a casa loro” alla sicurezza acquisita dopo Manchester fino all’analisi delle due rose e del gioco espresso. Stavolta i pronostici non sono andati come dovevano.

NEL PROFONDO DELLA SCONFITTA: VECCHI E NUOVI PROBLEMI

Alla base della sconfitta di ieri sera ci sono alcuni problemi residui della passata stagione, altri totalmente nuovi. E se i più disfattisti avevano già storto il naso col pareggio contro il Genoa, adesso a carico dell’Inter e di Inzaghi c’è un fascicolo sulla scrivania di certo ben visibile. Fra i lasciti della passata stagione di certo l’età anagrafica di Acerbi e Mkhitaryan e il rendimento sottotono di Asllani; fra i nuovi un rilassamento psicologico dopo aver consumato e prosciugato mentalmente e fisicamente tutte le energie vitali per il raggiungimento della seconda stella. Non a caso Inzaghi ad inizio stagione aveva parlato di grande difficoltà della squadra vincitrice dello scudetto a riconfermarsi.

COSA CI HANNO DETTO LE PRIME GARE

Molto e nulla, perché siamo solo all’inizio del percorso e l’Inter ha 22 giocatori su cui contare, una rosa importante che ha dimostrato di poter ribaltare l’esito della gara o dominare l’avversario con i cambi. Tuttavia, Genoa e Monza su tutte hanno evidenziato un rilassamento, un approccio alla gare del tutto sufficiente sia dei titolari, sia dei subentranti. Nella partita col Monza, soprattutto, Inzaghi ha impiegato un ampio turn over e tutti i nuovi ingressi non hanno reso come i titolari, per esempio, nelle partite importanti come Atalanta e Manchester. Ma ogni giocatore chiamato in causa dovrebbe fare la sua parte, che sia “titolare” o seconda linea. La sensazione è che giocare con le squadre non di prima fascia regali ai calciatori quell’atteggiamento di arroganza secondo cui le avversarie dovrebbero regalare 3 punti. Ma sulla base di cosa?

ROSA DAVVERO COMPLETA IN OGNI REPARTO?

La questione della rosa va di pari passo con le scelte del mister. Una rosa può essere completa, ma sta all’allenatore poi fare i giusti cambi. Che Acerbi e Mkhitaryan non avessero più 20 anni ce ne eravamo accorti tutti. Il primo ha annientato Haaland mercoledì e ha patito sicuramente l’intensità della gara contro il City, il secondo invece ha svolto per intero il precampionato, ma non ha mai brillato in questo avvio di stagione. Anche Pavard e Lautaro non sono al meglio. Bisseck e Taremi, al momento, sono decisamente più pronti dei loro compagni, così come Zielinski o Frattesi.

LAUTARO-PAVARD-MKHITARYAN-DARMIAN FRA FUORI FORMA E STASI TATTICA

Il capitano dell’Inter, che ha ammesso le sue colpe, è di certo sul banco degli imputati. Non è l’assenza di gol che manca (anche), ma la condizione fisico-atletica. L’argentino fra campionato e impegni con la Nazionale è arrivato ad Appiano solo ad Agosto, una settimana prima dell’inizio del campionato. Qualche chilo di troppo e una stanchezza evidente in campo. Cuore e grinta non possono nulla contro il fisico che non risponde ai movimenti. Su Mkhitaryan il discorso è lo stesso, seppur diverso. Mentre a Lautaro manca la condizione fisica, a lui mancano fiato e concentrazione; spesso sulle gambe e mai illuminante. Un peso morto che non aiuta la squadra.

Pavard e Darmian meritano uno spazio diverso: il loro impasse è tattico. Il francese non ha giocato l’Europeo, ha seguito la seconda parte della preparazione, ma non sembra ancora entrato con la testa in campo. Anzi, la percezione è che abbia dimenticato come gioca l’Inter: è statico, non si sgancia per ricevere palla, è scolastico e alcune volte troppo superficiale. L’italiano, invece, è un jolly cui Inzaghi quasi mai rinuncia, eppure la sua duttilità spesso fa rima con normalità, ma una normalità che rallenta la manovra e non consegna alla squadra un’arma in più in attacco. Spesso e volentieri la palla tra i suoi piedi ritorna ad Acerbi o al portiere.

DERBY, LA FORMAZIONE E LA TATTICA

Si è parlato di rosa all’altezza, ma i cambi poi li fa il mister. Sulla carta una buonissima formazione, ma sono stati schierati i migliori per condizione? Acerbi, col senno del poi, avrebbe dovuto essere sostituito con De Vrij, Di Marco, reduce da un infortunio e con 3 partite fra Nazionale e campionato dove aveva giocato sempre 90 minuti poteva essere risparmiato (visto il gol e l’unica prestazione decente fra gli interisti Inzaghi ha fatto bene), Dumfries al posto di Darmian ci poteva stare, infatti ogni volta che gioca Theo il mister non vede altri giocatori che Dumfries. A centrocampo bastava sostituire Mkhitaryan con Zielienski. L’armeno ha riposato contro il City, ma questo non fa di lui un titolare inamovibile, in quanto le sue prestazioni cominciano ad essere preoccupanti.

Il problema, fatta la formazione ormai, è stata l’incapacità di Inzaghi di far fronte al 4-2-4 di Fonseca, ampiamente sventolato dalla stampa. La velocità degli inserimenti e accentramenti di Pulisic hanno tagliato in due il nostro centrocampo, impossibilitato a fermare un singolo giocatore. Per non parlare della nostra impostazione del gioco, totalmente assente nei primi 30′, causa pressing elevato dei 4 attaccanti. Il non saper fronteggiare tatticamente questa avversità ha portato Inzaghi a cambi senza una logica.

LE SOSTITUZIONI CHE HANNO CONSEGNATO LA VITTORIA AL MILAN

Sostituire il centrocampo non è di per sé una cosa razionale: non erano gli interpreti a non reggere l’urto dell’avanzata rossonera, ma la loro posizione in campo e il non saper leggere i momenti. Barella-Calhanoglu- Mkhitaryan sostituiti per far posto ad Asllani prima e a Frattesi e Zielinski poi. Ancora inspiegabile l’ingresso di Asllani che di per sé è un cambio illogico, visto che Calhanoglu stava facendo fatica a trovare la quadra, è vero, ma è un giocatore che trasmette fiducia e cuce il gioco meglio (decisamente meglio) dell’albanese. Se questo è stato un test match per sondare nel profondo le qualità da regista di Asllani, beh, l’esito credo sia sotto gli occhi di tutti. Soprattutto perché così si è tolta la possibilità di un cambio in attacco. Lautaro e Thuram completamente spariti nel secondo tempo, tranne un tiepido tentativo centrale al volo dell’argentino. Taremi scalpita ancora in panchina e si sta chiedendo il perché non sia entrato.

Detto fatto: Darmian e Carlos Augusto in e Bastoni e Dumfries out. Ora, se ci fosse stata qualche possibilità di vincerla o di pareggiarla dignitosamente, questi due cambi hanno tagliato completamente le gambe ai sogni dei tifosi. Per quanto la scelta di Darmian sia stata conservativa, è totalmente inconcepibile l’ingresso di Carlos Augusto, anzi l’uscita di Bastoni. Infatti, l’italiano e l’olandese, due grandi saltatori di testa (Dumfries, 188 cm e Bastoni, 190 cm) che avrebbero fatto comodo nel finale, si sono ritrovati in panchina mentre Gabbia, marcato da Frattesi (178 cm) insaccava la palla in rete. Inzaghi, quindi, ha totalmente perso la bussola tattica della partita, confidando in due cambi sterili (Asllani e Carlos Augusto) e non motivando a dovere i giocatori, forse paghi di uno scudetto di qualche mese fa o stanchi per i troppi impegni ravvicinati.

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Published by
Matteo Tombolini