La revoca della finale di Champions League 2027 a San Siro ha scatenato un dibattito politico a Milano. Il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha criticato la gestione del sindaco Beppe Sala, affermando che la situazione avrebbe potuto essere gestita in modo più deciso. In un’intervista al Corriere della Sera, La Russa ha dichiarato: “Al Comune sarebbe bastato chiarire subito a Milan e Inter che San Siro non andava abbattuto in nessun caso. Esattamente come la pensa la maggioranza dei milanesi.” Secondo lui, lo stadio è un simbolo della città, al pari del Duomo e della Scala, e il Comune avrebbe dovuto proteggerlo sin dall’inizio.
La Russa ha anche sottolineato i benefici economici di mantenere lo stadio: “Se non demolisci San Siro, risparmi una cifra che va dai 50 ai 70 milioni di euro, a cui puoi aggiungere gli utili di uno stadio che, restando in piedi, puoi tranquillamente affittare sia per concerti sia per altri eventi.” In questo modo, il risparmio potrebbe finanziare la manutenzione dell’impianto per anni, senza gravare sui club.
Il presidente del Senato ha inoltre criticato l’incertezza della giunta comunale, che ha generato confusione e ritardi: “Il Comune, stretto da una giunta divisa tra chi voleva la demolizione e chi no, ha trascinato tutto all’inverosimile. […] Oggi ci troviamo ancora al punto di partenza, come nel Gioco dell’oca.” Secondo La Russa, Milan e Inter avrebbero accettato di modificare il progetto, ad esempio riducendo le volumetrie, se il Comune avesse preso una posizione chiara: “Le squadre avevano la speranza che il loro progetto originario andasse in porto, con la demolizione di San Siro. Ma se il Comune avesse detto fin dall’inizio che San Siro non si abbatteva, il progetto ‘due stadi’ sarebbe andato avanti e le squadre avrebbero accettato.”
Infine, La Russa ha paragonato la situazione di Milano a quella di altre città europee, come Liverpool e Belgrado, dove più stadi convivono a breve distanza: “In Inghilterra, a Liverpool, ci sono due stadi a distanza di 900 metri. In Spagna due stadi a distanza di 50 metri, in Serbia di 800, in Argentina di 300 metri. Perché da noi no?”
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