Federico Dimarco ha parlato della sua carriera e delle sue emozioni in un’intervista a BSMT, toccando diversi aspetti della sua crescita come calciatore. Uno dei primi temi affrontati è il soprannome “Dimash”, che gli è stato affibbiato da Simone Inzaghi al suo ritorno all’Inter dopo l’esperienza a Verona. “Il mister ha iniziato a chiamarmi così dal nulla”, racconta Dimarco. Ha poi scherzato su un altro soprannome del passato, “Whisky”, confermando che ormai è superato.
Indossare la maglia della Nazionale è per lui una grande emozione, e in particolare quest’anno si dice soddisfatto dei progressi fatti dopo il deludente Europeo. “Ci voleva questa nuova freschezza per ripartire”, ha detto Dimarco, parlando della nuova fase intrapresa dall’Italia. Sebbene il suo percorso non sia stato quello di un predestinato, Dimarco ha sottolineato come il suo impegno sia costante sia in campo che fuori, cercando sempre di dare una mano ai compagni e mantenendo il livello competitivo.
Dimarco ha poi parlato dei suoi esordi, ricordando il suo debutto con la maglia dell’Inter: “Avevo gli occhi a cuoricino”, ha detto, ripensando a quando si allenava con giocatori leggendari come Milito e Zanetti. La sua carriera non è stata però sempre facile: dopo una serie di prestiti difficili e infortuni, aveva persino pensato di smettere a Sion. “Mi dicevo ‘ma chi me lo fa fare’?”, ha confessato, parlando di quel periodo particolarmente duro, segnato anche dalla perdita di un figlio con la sua compagna.
Nonostante le difficoltà, Dimarco ha continuato a lottare, spinto dalla voglia di dimostrare il suo valore. “Alla fine il lavoro paga”, ha detto con convinzione. E il suo ritorno all’Inter è stato un momento decisivo. Con Conte prima e Inzaghi poi, si è finalmente sentito parte integrante della squadra: “Quando sono tornato, alcuni mi hanno detto che non pensavano sarei diventato così”, ricorda con orgoglio.
Il terzino ha anche raccontato il suo approccio alle sconfitte, ammettendo che dopo una partita persa può essere “in down totale”, ma che riesce a ripartire grazie all’analisi e alla determinazione a migliorarsi. In particolare, la delusione per la finale di Champions persa contro il Manchester City è stata fortissima: “È una delle più grandi delusioni che si possano provare”, ha detto, pur riconoscendo che aver tenuto testa alla squadra più forte del mondo è stato comunque un motivo di orgoglio.
Dimarco ha inoltre parlato del suo rapporto con i tifosi, dicendo di sentirsi uno di loro: “Per me la maglia dell’Inter va trattata coi guanti”, ha dichiarato, sottolineando il legame speciale che ha con il club e con i suoi sostenitori. Ha anche ricordato i festeggiamenti per lo scudetto, quando si è tuffato in mezzo alla folla in Piazza Duomo, un gesto spontaneo per restituire ai tifosi la stessa emozione che lui provava da bambino.
Infine, ha parlato della sua crescita personale e professionale, riconoscendo l’importanza di alcuni compagni di squadra come Perisic e Dzeko, dai quali ha imparato molto, e del suo orgoglio per alcune giocate, in particolare il gol su punizione contro la Sampdoria.
Nonostante i momenti difficili, Federico Dimarco ha saputo trasformare le sfide in motivazione per continuare a migliorarsi, diventando uno dei pilastri dell’Inter e della Nazionale, e un esempio di dedizione per i giovani calciatori.
“Ci sono giocatori che giocano tutt’ora e che stimo. Adesso mi prendo gli insulti ma Theo Hernandez lo stimo tantissimo come giocatore. Quando ero piccolo il mio idolo era Roberto Carlos o Maxwell quando era all’Inter. Cerco di rubare dagli altri e farli miei, ma non mi piace paragonarmi a qualcuno”.