Fredy Guarin, ex centrocampista dell’Inter, in un’intervista ai microfoni di Caracol Television ha ripercorso la sua carriera toccando anche il periodo più buio che ha riguardato la dipendenza dall’alcol. Queste le dichiarazioni toccanti del colombiano:
“Ho iniziato a guadagnarmi un nome in Italia. È già iniziata una questione fuori dal campo, lo stadio ha cominciato a tacere. Inizialmente gestivo la cosa molto bene: mi ubriacavo due giorni prima della partita e poi scendevo in campo, segnavo uno o due gol, la squadra vinceva. Tutto nato da una mancanza di coscienza. Bevevo a casa, in discoteca, al ristorante. Avevo già la mia famiglia e quella era la merda, sapevo che stavo sbagliando, sia nel lavoro che nelle responsabilità familiari. Ho smarrito tutti gli obiettivi, calcistici e personali, sentivo di non avere limiti. Ero completamente preso dall’alcol, mi vennero a dire tramite il mio agente: ‘Dovete portarlo via da qui, adesso… Non può più stare a Milano’. Con molto egocentrismo, arrogante, questo fa l’alcol.
In Cina sapevo cosa fosse il vero alcol, dal primo giorno in cui sono arrivato sono diventato un alcolizzato. Mi alzavo per andare ad allenarmi e dopo l’allenamento bevevo alcol. Mi riposavo un po’, mi allenavo e bevevo alcolici; è stato così ogni giorno. Bevevo 50, 60 o 70 in una notte. È arrivata la pandemia, non c’erano allenamenti, non c’era gruppo, non c’era calcio, non c’era paura. Andavo nelle favelas, lì in Brasile; andavo con qualunque ragazza senza protezione, mi abbandonavo completamente. Andavo a cercare il pericolo, l’adrenalina; volvo vedere le armi, il movimento, non mi preoccupavo di nulla”.