Il giornalista Paolo Condò su La Repubblica scrive così di Lazio – Inter, terminata 0-6.
“L’ecatombe europea delle reduci dalla Champions non coinvolge minimamente l’Inter per una serie di motivi. Il primo e più ovvio è il lasso di tempo trascorso fra i due impegni: sei giorni, a fronte dei tre toccati alla Juve e ai quattro di Atalanta, Milan e Bologna. Il secondo motivo è la quantità (e qualità) delle rotazioni, perché i titolari ripetuti sono solo sei, e senza gli infortuni sarebbero stati ancora meno. Simone Inzaghi quest’anno ragiona dall’inizio sul doppio traguardo, calcola i minuti di gioco dei suoi uomini come se avesse un foglio Excel in testa, e ne accetta le eventuali conseguenze (Leverkusen) come lo scacchista sacrifica un pezzo per garantirsi un vantaggio di posizione. La terza ragione è che il calendario le ha proposto un’avversaria “europea” come la Lazio: il suo turnover è stato ancora più accentuato — solo tre i titolari ripetuti — ma tra spezzoni di gara e giorni di riposo in meno si può dire che Inzaghi e Baroni si siano affrontati grossomodo ad armi pari. E se affronti l’Inter così, hai una chance se non sbagli nulla: Noslin ha mancato la palla-gol sulla 0-0, poco dopo Gigot ha saltato con un braccio alzato, provocando il rigore che è stato la prima infiltrazione nella diga. L’Inter ha allargato subito il varco, l’ha dilatato ulteriormente, l’onda di piena ha tirato giù tutto. Sei gol. Una distruzione scientifica, e ad alto tasso estetico, che ha tolto di mezzo almeno per il momento la rivelazione più piacevole della stagione (con la Fiorentina).
In attesa che il recupero con i viola fissi la classifica, l’Inter si è riappropriata del primato nei gol segnati (40-39 sull’Atalanta, che ha giocato una gara in più) inducendoci a pensare che il trio in fuga abbia ormai escluso la concorrenza dalla corsa scudetto. Lo vincerà lei, oppure l’Atalanta, oppure il Napoli. (…)
Inzaghi all’Olimpico ha affrontato il primo scontro diretto in trasferta, e ha devastato la rivale segnando con sei giocatori differenti, uno solo dei quali — Thuram, ultimo goleador — è un attaccante di ruolo. Nelle prime 15 gare di campionato l’Inter di Inzaghi non aveva mai segnato 40 reti (36-34-37 la sequenza precedente): era successo a Conte nell’anno del suo scudetto. È chiaro che ogni discorso sulle polveri bagnate di Lautaro o sul modesto contributo del reparto offensivo — segna solo Thuram, appunto — scolora rispetto a questi dati. L’Inter sta cambiando ancora pelle, e il meglio pare proprio che debba ancora venire”.